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Taggato: carta rojava curdi
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Walter Pellegrini, [06/08/2024 21:33]
Questo per quanto riguarda Rojava.La democrazia diretta prevista dal modello confederalista prevede il superamento dell’istituzione statale, sostituita da una confederazione di assemblee locali aperte a tutti i cittadini, sul modello delle comuni. Queste sono unite per quanto riguarda le scelte di interesse collettivo in assemblee federali, i cui membri vengono eletti dalle singole comuni. Sono però le assemblee popolari quelle a cui rimane, almeno nella teoria, il primato decisionale.
Secondo la Carta, i principali organi politici amministrativi della regione sono: l’Assemblea legislativa, il Consiglio esecutivo, l’Alta commissione per le elezioni, la Suprema Corte e, infine, i consigli provinciali e municipali. Dal 2013 ad oggi questo assetto istituzionale ha visto continui adeguamenti e adattamenti alla complessa realtà politico-sociale della regione, ma non ha mutato i propri caratteri fondanti. Le istituzioni centrali hanno poche e limitate competenze (bilancio, politiche generali e programmi di sviluppo, ratifica di accordi e trattati internazionali, dichiarare lo stato di guerra e di pace, emanare leggi e regolamenti sulla base delle proposte dei consigli locali e adottare i decreti del Consiglio Esecutivo).
La maggior parte delle decisioni sono in mano alle assemblee municipali (Komine in curdo), l’unità fondamentale del sistema politico del Rojava, e ai loro delegati nelle più grandi assemblee provinciali.
La popolazione della Siria del Nord-Est ha, infatti, iniziato ad autogovernarsi attraverso una rete di assemblee cittadine e consigli confederati, dove vengono decisi aspetti cruciali della vita sociale, come l’auto difesa militare e l’amministrazione della giustizia, dove gli incarichi sono revocabili e occupati a rotazione; alle donne è riservata una quota minima del 40% ed è garantita la co-presidenza. Un sistema assembleare strutturato dal basso verso l’alto.
Walter Pellegrini, [06/08/2024 21:36]
Per capire però quanto contano le assemblee popolari nel Rojava bisogna fare un passo indietro.
Il partito PYD – gemello siriano del PKK – è stato negli ultimi anni il principale attore politico e rappresentante del popolo curdo nella Siria del nord. Sin dal 2007, il PYD ha iniziato a creare delle commissioni di pace sul modello delle assemblee popolari, agendo però nella clandestinità. Nel 2011, allo scoppio della guerra civile siriana e nel vuoto di potere lasciato dal conflitto, il PYD riuscì a ottenere maggiore libertà e, assieme ad altre forze politiche, a costruire una propria regione autonoma. Essa ha trovato formalizzazione organizzativa e amministrativa nella Carta del Contratto Sociale del Rojava, firmata nel 2014, la quale ha dato vita al NES (Autonomous Administration of North and East Syria).Secondo la Carta, i principali organi politici amministrativi della regione sono: l’Assemblea legislativa (una sorta di parlamento regionale eletto a suffragio universale), il Consiglio esecutivo (un para-governo dotato del potere esecutivo), l’Alta commissione per le elezioni, la Suprema Corte Costituzionale (il massimo organo giudiziario) e, infine, i consigli provinciali e municipali.
Data questa divisione amministrativa, il Rojava sembrerebbe molto simile a uno Stato. In realtà, almeno sulla carta, le istituzioni centrali hanno poche e limitate competenze. Tra queste, elencate nell’articolo 53, rientrano il bilancio, le politiche generali e i programmi di sviluppo, la ratifica di accordi e trattati internazionali, dichiarare lo stato di guerra e di pace, emanare leggi e regolamenti sulla base delle proposte dei consigli locali e adottare i decreti del Consiglio Esecutivo. Il resto è in mano alle assemblee municipali, l’unità fondamentale del sistema politico del Rojava, e ai loro delegati nelle più grandi assemblee provinciali.Sono proprio le assemblee municipali le assemblee popolari a cui facevamo riferimento all’inizio del paragrafo. Esse sono organizzate dal TEV-DEM (Movement for a Democratic Society), un’organizzazione politica ombrello dentro la quale lavora soprattutto il PYD, ma anche altri partiti come il Syrian Kurds’ Democratic Peace Party (PADKS) e il Kurdistan Liberal Union Party (PYLK). Il TEV-DEM ha il compito di garantire e facilitare i processi di democrazia diretta all’interno dei consigli. Oltre alle semplici questioni amministrative, le assemblee popolari hanno in carico la sicurezza e la giustizia. La prima è garantita dall’Asayish, corpi di polizia locali con comandanti eletti democraticamente una volta al mese. La giustizia, invece, è gestita dalle corti popolari (dadgea hel). Composte da 7 membri eletti democraticamente tra liste di individui con competenze giudiziarie, queste hanno il compito di amministrare la giustizia locale cercando di evitare misure punitive, promuovendo invece, il più possibile, la riabilitazione, il perdono e il ritorno in società di chi ha commesso il crimine. Per i reati più gravi esistono corti provinciali e regionali, fino ad arrivare alla Corte Suprema.
Walter Pellegrini, [06/08/2024 21:36]
Non è ancora molto chiaro però dove finiscano le competenze delle assemblee popolari e inizino quelle degli organi rappresentativi.
Uno dei nodi più problematici è quello della politica estera. Soprattutto durante il conflitto con l’Isis (e ora con l’offensiva turca) le necessità organizzative della guerra hanno comportato una certa centralizzazione del potere, soprattutto dal punto di vista militare. In una situazione delicata come quella degli ultimi anni, la necessità di presentarsi con una volontà chiara e univoca agli altri attori internazionali (in primis, gli Stati Uniti) ha spesso prevalso sull’ascolto delle istanze delle singole comuni.Sotto tutti e tre gli aspetti presi in analisi, il sistema politico del Rojava non rispecchia pienamente il confederalismo democratico di Abdullah Ocalan. Se sulla questione femminista sono stati fatti grandi passi avanti, la costruzione di una società pienamente ecologica e sostenibile resta ancora un miraggio ed è difficile capire se le assemblee popolari siano davvero più importanti dell’amministrazione centrale. È altrettanto difficile capire quanto ciò sia stato causato dalle difficoltà provocate dal perdurante conflitto con l’Isis o dalle debolezze strutturali del confederalismo democratico. Nonostante tutto, resta vero quello che scrive Dilar Dirik, ricercatore a Oxford:
«Non ci si può aspettare che una mentalità millenaria e un’oppressione ormai interiorizzata spariscano solo grazie all’istituzione di qualche consiglio e assemblea o alla formulazione di qualche principio teorico; a meno che non si stia parlando di macchina e non di società.»
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