Home › Forums › 6 – La democrazia in generale, nella storia, nei partiti e nelle associazioni. › Il modello della Cina
- Questo topic ha 3 risposte, 1 partecipante ed è stato aggiornato l'ultima volta 3 anni, 5 mesi fa da Leonello Zaquini.
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Con amici ed ex colleghi ( alcuni dei quali conoscono molto bene la Cina, per averci vissuto e lavorato) e che ritengono che il sistema cinese possa essere un modello ed una soluzione alla crisi della democrazia in occidente, sto seguendo una discussione di cui vi passo un mio intervento. Se possibile vi aggiornero’ se e quando otterro’ delle informazioni sulla Cina.
Qui di seguito un mio intervento.
= = =Devo dire che sono scettico sul fatto che il sistema politico cinese possa rappresentare una soluzione ai problemi della democrazia che stiamo vivendo in Italia e nell’occidente.
Soprattutto vorrei fare presente e ricordare a tutti che la soluzione del “partito unico”, non si può affatto dire che noi non la si conosca e non la si sia sperimentata.
Presumo che i cinesi ci abbiano aggiunto qualcosa di nuovo ( e che cercherò’ di conoscere, grazie di aiutarmi in questo) ma il metodo del “Partito unico degli intelligenti” è stato inventato proprio in Europa all’inizio del 1900 (con importanti contributi italiani) e sperimentato in Italia ed in tutto il mondo con risultati, ovunque, poco positivi. Tanto da lasciare sistematicamente il posto al ”metodo ottocentesco” del “parlamentarismo”.
In ultra sintesi la storia, pur se limitandoci ai tempi moderni, è la seguente. Vi riassumo per punti la “lezione” come l’ho imparata da che mi sono messo a studiare l’argomento:
– nel 1800 si afferma la forma detta della “democrazia rappresentativa” o “parlamentare”, contro la forma precedentemente diffusa delle monarchie.
– alla fine del 1800 ed i primi decenni del ‘900 cominciano a manifestarsi i limiti del sistema “parlamentare” ( o “democrazia rappresentativa”).
– Nasce una corrente di pensiero che critica il sistema parlamentare e democratico affermando che comunque il potere e’ sempre gestito dalle élite. La corrente di pensiero si chiama “élitismo” ( molti dei rappresentanti sono italiani: Mosca, Pareto … o vivono in Italia: Michels, che viveva proprio a Torino).
– Marx era già’ lui stesso fondamentalmente un “elitista” ed i Bolscevichi al potere ne hanno concretizzato il metodo decisionale: “un partito unico di -saggi-“, vale a dire la élite, che avevano un obiettivo: eliminare la “classe dei nemici-di-casse”.
– Un socialista italiano ha approvato il sistema del partito unico e della “élite dei saggi”, e lo ha applicato in Italia, modificandolo rispetto al sistema bolscevico ( al quale apertamente ed coscientemente si ispirava) eliminando da esso l’obiettivo marxista della “estinzione della classe dei nemici-di-classe” e proponendo invece l’obiettivo del ” Bene nazionale”. Il socialista italiano dette il nome al suo nuovo sistema ispirandosi a certi movimenti di rivolta siciliani, ma il suo metodo venne copiato da un tedesco il quale dette il nome più corretto al nuovo sistema decisionale: lo chiamò molto coerentemente “socialismo nazionale”.
– Tra “socialismi proletari” o “nazionali” il sistema venne sperimentato in Europa molto diffusamente. Infatti solo tre paesi europei non lo adottarono: Inghilterra, Svizzera e Svezia.
– La forma di governo del “socialismo nazionale” fini in molti paesi a causa della guerra , ma restò in vigore anche in paesi che l’errore della guerra non lo fecero: Spagna e Portogallo.
– La forma di governo del “socialismo nazionale” e’ stata abbandonata spontaneamente anche nei paesi europei che non avevano partecipato alla guerra.
– Anche in altri paesi del mondo sistemi di governo “socialisti” ( nazionali o meno) sono stati adottati durante il ‘900 , ma hanno in genere dato cattivi risultati tanto da essere in genere abbandonati e sostituiti con il ripristino di sistemi ottocenteschi “Parlamentari”.
Fin qui la sintesi storica.
= = =
Oggi mi pare che possiamo constatare che la Cina ha adottato dal 1949 il sistema ” socialista”, e che e’ passata nell’arco dei decenni dalla forma del “socialismo” che prevedeva la “lotta di classe” alla forma del “socialismo nazionale” dato che l’obiettivo della élite non e’ più (come mi pare) quella della “eliminazione della classe dei nemici di classe” ma il “benessere nazionale”. Si tratta quindi, oggettivamente, della forma di governo inventata dal socialista italiano.
Potremmo esserne fieri !
Il sistema del “socialismo” sia nazionale che “proletario” ha quindi alle spalle decine e decine di sperimentazioni, ma anche se gli si possono riconoscere alcuni meriti (soprattutto in campo enonomico e per permettere lo sviluppo, quando serve e l’esigenza si impone), complessivamente e reiteratamente ha dato cattivi risultati soprattutto nell’arco del tempo.
Credo che il problema risieda nel fatto che la “élite degli intelligenti” che governa, anche quando alle spalle ha una dura selezione di “lotta politica” ( spesso accompagnata da anni di carcere, e morte violenta), dopo poco tempo gli “intelligenti” piuttosto che “il bene nazionale” si mettono a perseguire ” il bene della élite” … (e, altrimenti, che “intelligenti” sarebbero?)
La democrazia invece consiste nel :
– coinvolgere nelle decisioni chi e’ coinvolto dalle conseguenze delle decisioni.
Certo che non e’ mai facile prendere decisioni, soprattutto se non si e’ “l’ elite degli intelligenti” (possibilmente selezionata da decenni di carcere e perenne rischio di morte violenta), quindi il sistema democratico e’ soggetto ad errori, ma gli errori ricadono su chi li ha commessi.
I quali, proprio sbagliando, imparano a sbagliare meno …
Quindi il sistema democratico e’ “evolutivo” = migliora con l’uso .
Al contrario i sistemi “socialisti” ( nazionali o proletari) non inducono la élite a “imparare dagli errori” dato che , dal punto di vista della élite, non e’ affatto detto che quelli siano errori.
I sistemi socialisti ( nazionali o proletari) sono quindi: involutivi = peggiorano con l’uso.
Concludo con una informazione:
– all’epoca dell’ élitismo ( primi decenni del ‘900) , un sociologo di origine russa ma residente in Europa e poi negli USA studiò con attenzione i problemi della insufficienza dei sistemi parlamentari e dei partiti politici. La soluzione che proponeva pero’ non era : “socialismo” nazionale o proletario, ma un maggiore controllo ed una continua selezione sia dei partiti che della élite deglil intelligenti e la possibilità dei cittadini non solo di eleggere ma, mediante il voto sulle decisioni ( la Democrazia diretta), la eliminazione del monopolio del potere legislativo agli eletti. IL sociologo si chiama Ostrogorski ed il suo libro: “ La democrazia ed i partiti politici” ( dove spiega che le due cose sono incompatibili) mi e’ stato di grandissimo aiuto per capire anche la realta’ del paese nel quale vivo (la Svizzera) e che ho sperimentato/ studiato ( ed anche descritto nel mio libretto: “La democrazia diretta vista da vicino”).
Scusate per mia la lunga “pontificazione” … spero di non avervi annoiato.
Sono molto interessato a conoscere meglio il sistema cinese e le eventuali “novità” rispetto ai casi già’ sperimentati di “socialismo nazionale”.
Grazie per l’attenzione.
Zac
Se vi va di approfondire:
Qualcosa di piu’ sull’ élitismo:
https://it.wikipedia.org/wiki/Elitismo
Un mio articolino su Ostrogorski, per una rivista di emigrati ini Svizzera:
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Al messaggio qui sopra ricevo diversi commenti di consenso.
Tra i quali questo che aggiunge qualche indicazione sulla situazione cinese:
= = =Il socialismo nazionale prima o poi diventa nazionalsocialismo.La Cina è su questa strada? Certo il rischio c’è.Spero di non sbagliare nello sforzo di sintesi:- Il sistema cinese funziona sulla base di una élite di 90 milioni di selezionatissimi iscritti al PCC, che governano, attraverso meccanismi di delega, il miliardo e 400 milioni di cinesi.
- Nell’ambito dei 90 milioni di iscritti al partito la discussione, e addirittura il dissenso, sono benvenuti e forse anche sollecitati.
- Ciò determina il fatto che gli errori vengono corretti velocemente e anche il perseguimento di interessi troppo personali viene smascherato abbastanza facilmente.
- Quello che non viene tollerato è il dissenso che si esprime fuori dall’ambito del partito.
Per noi occidentali democratici questo è sufficiente per dire che in Cina non c’è democrazia.Però in Cina le cose funzionano e la società cresce.= = =
Ed anche un altro.
= = =
la Cina, come altri paesi “confuciani” (Singapore, Vietnam), ha un antico retroterra culturale ben diverso dal nostro e può darsi che in tale contesto il sistema del partito unico funzioni meglio o, almeno, possa essere più durevole: penso anch’io che anche lì i nodi debbano venire al pettine prima i poi, ma non è detto che questo avvenga nei prossimi decenni.….
non è legittimo (logicamente e storicamente) vedere in ogni crisi l’inizio di una decadenza irreversibile; basta pensare alle molte e gravi crisi che l’impero romano ha superato nel corso della sua storia.
= = =A questi messaggi penso di rispondere nel modo che segue:
1)
= = =
Ringrazio per le diverse considerazioni,
In particolare quelle di … e di . . .Di certo la cultura mediamente diffusa in un paese puo’ contribuire ad un sistema politico a dare frutti positivi o negativi.
Da noi piu’ di 2’000 anni fa il Senato faceva le leggi, ma queste per poter entrare in vigore dovevano essere ratificate dai cittadini ( SPQR = Setantus Populusque Romanus, non era una roba “tanto per dire”, era lo strumento di democrazia diretta che modernamente si chiama: “Referendum obbligatorio” che persso i romani valeva per tutte le leggi). Il Senato poi non era costituito dalla “Classe dei nobili” ( come alcuni credono) ma erano ex-funzionari che avevano ricoperto con successo la loro carica ELETTIVA.
Fin il l’organo legislativo.
Il capo dell’esecutivo invece erano … DUE … in carica ASSIEME ( in modo che uno controllasse l’altro) per la durata di: UN anno … .Ma non solo, l’antica Roma era stata popolata da gente allo sbando e “senza dimora”. I romani hanno a lungo conservato una vocazione “cosmoplita” o quanto meno di “apertura ” verso altri: i metodi democratici che usavano in casa loro li condividevano facilmente con gli altri. Anzi: li “esportavano” proprio.
Alcuni episodi sono famosissimi.
Uno in particolare:
I romani avevano conquistato un popolo di barbari selvaggi in medio oriente, Il governatore romano doveva decidere su alcune esecuzioni capitali , dato che il popolo dei barbari aveva la tradizione di una festa di primavera e durante la festa non era giudicato opportuno fare esecuzioni capitali senza dare la grazia a qualcuno.Pur disponendo del potere militare ed il completo dominio sui barbari, il governatore romano decise non solo di rispettare la tradizione dei barbari ma anche di applicare il metodo comunemente usato a Roma per decidere certe cose: convoca quindi una “assemblea cittadina” dei barbari per fare decidere a loro a cii dare la grazia ed a chi no! E, per decidere, li riunisce nella piazza della loro città principale.
L’assemblea dei barbari decide di condannare un loro predicatore che stava un po’ antipatico alla casta dei predicatori ufficiali presente tra i barbari.
Il Governatore romano, pur avendo ben spiegato che lui non era di quel parere tanto da fare il gesto spettacolare di “lavarsene le mali”, fa pero’ rispettare la decisione dei barbari.
La storia e’ cosi’ famosa che di certo avete capito chi erano i barbari selvaggi sotto dominio romano e che il governatore romano si chiamava Ponzio Pilato.
Questo episodio fa ben capire come mai i romani avevano conquistato il mondo intero: tutti i barbari di tutte le tribu’ accando a quelle dove gia’ si erano installati i romani, e dove probabilmente c’era un “Capo barbaro”, uno per ogni tribu’, che decideva tutto lui, evidentemente si prodigavano a fare in modo che i Romani arrivassero a “dominare” anche la loro tribu’. Speravano e spesso contribuivano a fare in modo che i romani portassero via il loro capo chiuso in una gabbia, e che cosi’ la smettesse finalmente di “decidere tutto lui”.
Infatti la democrazia non e’ senza difetti ( l’episiodio raccontato lo conferma), ma ha una caratteristica tipica e ricorrente: crea cosenso. Le decisioni prese democraticamente non sono sempre le migliori ma sono piu’ “credibili” e vengono meglio rispettate anche quando non solo prefette.
Mi fa piacere che i cinesi rispettino le leggi promulgate dai loro “saggi” senza chiedere niente a nessuno.
C’e’ pero’ da domandarsi fino a quando questo funzionerà, dato che i “saggi”, senza controllo finiisce che decidono per i propri interessi, e non per quelli degli altri. Quando sono tutti miserabili non c’e’ nessuno o pochi che sono in grado di “fare pressione” sui “saggi che decidono”. Ma piu’ una societa’ si sviluppa e si arricchisce, piu’ si sviluppano interessi specifici e questi “si fanno sentire”.
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Altro mio eventuale commento.
2
= = =
Ringrazio per i diversi commenti.
In particolare quello di …
che contiene l’informazione interessante:
”- Nell’ambito dei 90 milioni di iscritti al partito la discussione, e addirittura il dissenso, sono benvenuti e forse anche sollecitati.
- Ciò determina il fatto che gli errori vengono corretti velocemente e anche il perseguimento di interessi troppo personali viene smascherato abbastanza facilmente.
”
Grazie dell’informazione. Mi piacerebbe poter approfondire questi aspetti.
e sapere come vengono prese le decisioni all’interno del PCC, vale a dire:– come si dirimono le divergenze all’interno del partito.
– come vengono prese le decisioni.
– chi esercita il controllo sulle decisioni prese e come.Ed anche mi piacerebbe sapere:
– chi e come decide chi fa parte del partito.
– che requisiti deve avere.Infatti ogni sistema complesso ( e una societa’ di certo e’ uno di quelli) esige degli “anelli di reazione” .
I sistemi democratici, possono averne di buoni o meno buoni, ma ne hanno.
Mi piacerebbe sapere se ne esistono all’interno del PCC e come funzionano.Questo e’ tanto piu’ importante in una societa’ che si sviluppa e arricchisce.
Infatti quando sono tutti miserabili non c’e’ nessuno o sono pochi quelli che sono in grado di “fare pressione” sui “saggi che decidono”. Ma piu’ una societa’ si sviluppa e arricchisce, piu’ si sviluppano interessi specifici e questi “si fanno sentire”. Il “farsi sentire” è proprio il loro mestiere: indispensabile per il lavoro dell’ “impresa”.
Inoltre l’ “impresa”, non e’ una entita’ a-sociale e decidere tra il bene collettivo ed il bene dell’impresa puo’ essere oggettivamente molto difficile.Le dinamiche che derivano da questa realta’ ( = incidenza della lobby sulle decisioni collettive) sono problemi aperti anche nelle società democratiche: e si sviluppano proprio con “lo sviluppo” ( da cui l’eterna “crisi” delle democrazie, come men ha indicato …).
Se conoscete le risposte a questi problemi, sono molto interessato a saperli.
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Oggi, 14 Luglio, la data induce a riflettere sui “sistemi di reazione” ed “auto-cotrollo” che inesorabilmente si installano nei “sistemi complessi” come sempre sono le organizzazioni sociali. Nei sistemi complessi c’è sempre qualche anello di reazione o “feed back” che agisce.
Questi “feed back” li ha ben conosciuti il re francese, 242 anni fa, ma si sono manifestati sistematicamente durante millenni anche e soprattutto in Cina,
Avevo studiato e ristudiato la storia della Cina, anche per insegnarla ai miei figli ( potrebbe essere curioso raccontarvi come era andata la cosa, ma non mi dilungo qui).
Come forse alcuni di voi sanno meglio di me la storia della Cina e’ costituita da un susseguirsi di “dinastie”. Tipicamente una nuova dinastia nasceva con una rivoluzione. Il capo rivoluzionario, se vittorioso, diventava il nuovo imperatore e dava vita alla nuova dinastia. Spesso il fondatore della nuova dinastia introduceva modifiche anche importanti al sistema di governo che comunque restava un sistema monarchico e degenerava sistematicamente nel giro di poche generazioni ( 300 … 400 anni), preparando il terreno alla nuova rivolta popolare. Questo durante 4’000 anni di storia dalla dinastia Xia all’ ultimo imperatore dei Qing.
Un sistema di “controllo a retroazione” varrebbe la pena di instaurarlo e strutturarlo. E gli strumenti di democrazia non sono altro che quello: “anelli di controllo”.
Certo gli “imperatori” di oggi la storia la sanno e sanno che se non fanno bene … la storia insegna … . Si capisce che si sforzano di “fare bene”.
Ma la stessa cosa la sapevano anche gli imperatori precedenti, che non erano affatto scemi. Eppure … .
Oggi il sistema non è monarchico, ma questo non è un vantaggio: le monarchie hanno il vantaggio che il regnante, sapendo che il proprio amato figlio sara’ il regnante futuro sono indotti proprio dall’instinto paterno a cercare di “gestire bene” la “proprietà famigliare”.
Grazie a questa loro caratteristica le monarchie durano centinaia di anni, e anche millenni.
Al contrario le dittature durano pochi decenni, poi finiscono con l’annegare nella corruzione.
Mi pare che i cinesi hanno creato un sistema di “dittatura degli intelligenti”, ma non vedo in questo una sostanziale differenza.Mi piacerebbe conoscere meglio i sistema cinese attuale ( e mi procurero’ i testi che avete indicato). Vorrei soprattutto sapere quali sono e come funzionano gli “anelli di controllo” all’interno del partito. Ma il “partito degli intelligenti” (come mi pare che sia il PCC) non e’ la società: tutti quelli che ne fanno parte sono membri del partito, non possono vedere il mondo che dal punto di vista dei “membri di partito”.
Un partito non riuscira’ mai ad essere un valido ” sistema di controllo del partito”.Per questo penso che invece di aspettare che scatti l’antico mai eliminato ed inelininabile “anello di controllo”, con la sua “prossima rivoluzione”, i cinesi farebbero bene ad introdurre effettivi strumenti di controllo.
Mi pare che qualcuno in Piazza Tien An Men lo aveva anche proposto, ma anche in quella occasione si è visto che ai partiti gli “anelli di controllo del partito” non piacciono: hanno gia’ confermato la cosa.L’anello di controllo sara’ quindi un altro, oppure scattera’ quello antico e di sempre.
Non suggerrei ai cinesi di introdurre il “Parlamentarismo”; anche quello ha diversi inconvenienti e si evidenzia il fatto che i parlamentari vedono, anche loro, il mondo “dal punto di vista dei parlamentari”. Una soluzione potrebbe essere:
– conservare il sistema del “partito unico degli intelligenti”,
che mi pare un interessante invenzione cinese ( se ho capito bene consiste nel: selezionare i “cittadini migliori” anche a prescindere da come la pensano),
ma affiancarlo con:
– strumenti di democrazia diretta e sottoporre le decisioni degli “intelligenti”, almeno le piu’ importanti, alla approvazione popolare.Questo potrebbe correggere gli errori del partito prima che scatti l’ “anello di reazione” tradizionale. Sempre in vigore da millenni.
Quello che, nella Francia qui vicina, era scattato il 14 luglio.
Che ve ne pare?
Che ne dite?
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