Home Forums 6 – La democrazia in generale, nella storia, nei partiti e nelle associazioni. La politica per il bene collettivo – La storia del probema

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      Leonello Zaquini
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      LA POLITICA PER IL BENE COLLETTIVO – La storia del problema

      Ci troviamo di fronte ad un problema:
      “I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. … . Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le “operazioni” che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un’autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un’attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti. “

      Come noto la descrizione del problema risale al 1981: la famosa intervista a Berlinguer dal titolo “La questione morale”.

      Il problema in grande sintesi è esprimibile dicendo che: “ I partiti perseguono gli interessi del partito e non il -bene collettivo-”, ed il problema può essere generalizzato con il riconoscere che: “Chi fa politica è indotto a prendere decisioni per il proprio interesse e non perseguendo il beneficio per la collettività”.

      Prima di passare ad individuare le soluzioni, è opportuno domandarsi se il problema e’ “moderno” oppure ha radici lontane. Il sapere se il tema e’ stato studiato prima di noi, da chi e con quali risultati, può rafforzare e dare concretezza all’attività e l’impegno a dare una soluzione al problema.

      La chiara descrizione data da Berlinguer è di 40 anni fa, ma non è difficile scoprire che il problema era già noto da millenni. Ai tempi della Repubblica di Venezia, le cariche pubbliche erano attribuite in base ad elezioni. Alcuni candidati pero’ erano “ineleggibili” , tra questi c’erano le persone riconosciute come membri di partito ( F.C. Lane, “Storia di Venezia”, Einaudi 1978).

      I partiti, nel più che millenario sistema politico veneziano, erano ammessi. Ma i membri di partito diventavano ineleggibili per il fatto stesso di essere “attivisti di un partito”. Questa prassi mette in evidenza il fatto che i veneziani erano ben coscienti del fatto che: “X’è el pericolo ch’el faga el interese del partito e no queo de la Republica. Ciò “ (oltre al concetto, cerco di riprodurre anche la lingua … ) (1).

      Ma, oltre ai veneziani, durante tutto il medioevo soprattutto nei “liberi comuni” del nord Italia (inclusa Venezia) erano in vigore strumenti di democrazia diretta che impedivano ai “politici di professione” di avere il monopolio del potere (Elisa Occhipinti, “L’Italia dei comuni” , Carocci 2008) (2). Infatti a Verona sulla Torre Lamberti, in Piazza delle Erbe è ancora installata la campana dell’ Arengo (detta: “Rengo”) che suonava per indire l’assemblea cittadina legislativa.

      Nel mio libro “La democrazia diretta vista da vicino” ( Mimesis, 2015) cito gli esempi della Democrazia municipale del medioevo italiano come strumenti che hanno probabilmente ispirato le “Landsgemeinde” le assemblee legislative cittadine esistenti ancora oggi in Svizzera e che hanno anticipato l’introduzione degli strumenti di democrazia diretta moderna, oggi esistenti in Svizzera anche a livello federale.
      Da dove la democrazia municipale medievale italiana aveva raccolto l’idea delle “assemblee cittadine” ( citate con i nomi piu’ differenti: “Arengo”, “Concio”, “Parlamentum” …) ?
      La grande diffusione di queste assemblee, sempre simili tra di loro anche se in ambienti e contesti differenti, fa supporre ‘esistenza di una “origine culturale” comune.
      E’ presumibile che l’origine di queste assemblee come di altre forme e strutture “repubblicane” presenti nella democrazia municipale medioevale dell’Italia sia la tradizione dell’antica Roma dove anche, ben prima che nel medioevo, esistevano “Consoli” (due, in carica per un anno) e dove il Senato non disponeva del potere legislativo in forma monopolistica ma le sue decisioni dovevano essere ratificate dalle assemblee cittadine dette “Comizi” , sopravvissute anche durante l’impero (anche se in forma depotenziata), e presente nel simbolo stesso della città di Roma: SPQR. (Claude Nicolet, « Le Métier de citoyen dans la Rome républicaine », Gallimard, 1976).

      Ma se queste sono la testimonianza della coscienza storica dell’esistenza del probema, e dei metodi adottati per ridurre l’inconveniente, in tempi più recenti abbiamo nuovi contributi alla riflessione. C’è chi dopo avere studiato il funzionamento dei sistemi democratici in UK e USA durante gli ultimi decenni del 1800 ha scritto:

      “«Il potere è messo al servizio di interessi particolari … contro l’interesse generale; legislazione e amministrazione si vendono e si comperano; anche le cariche pubbliche sono virtualmente messe all’asta.» ( Moisei Ostrogorski, “La democrazia ed i partiti politici”, 1902, edito in italiano da Rusconi 1991).

      Frasi di questo tipo, presenti nel libro molto dettagliato di Ostrogorki anticipano quanto detto, ottanta anni dopo, e quaranta anni fa da Berlinguer.

      Ostrogorski fu uno dei fondatori della “Sociologia dei partiti politici”, il suo studio ed il suo libro meritano di essere conosciuti. Purtroppo è difficile recuperare il libro in italiano (l’editore non risponde ai solleciti a ristamparlo … ). Per conoscerne il contenuto in almeno n grande sintesi, suggerisco la lettura di un mio breve articolo pubblicato su una rivista di emigrati italiani in Svizzera. Ostrogoski, in uno dei capitoli finali del suo libro, descrive quelli che secondo lui potrebbero essere i rimedi alla “degenerazione oligarchica dei partiti” ( cosi’ l’autore definisce il problema) e per farlo cita la “democrazia diretta svizzera”.
      Qui calce riporto il link all’articolo (3).

      Leonello Zaquini

      Per approfondimenti:
      1- https://www.piudemocraziaitalia.org/2021/03/26/venezia-compie-1600-anni/

      2- https://www.piudemocraziaitalia.org/wp-content/uploads/2018/09/Roma-per-Global-Forum-2018_EN.pdf

      3- https://www.larivista.ch/rivista/2020/marzo/24/

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