Home › Forums › 1 – Cosa è la democrazia › 1- PREMESSA
- Questo topic ha 8 risposte, 3 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 6 anni, 3 mesi fa da Pasqualino Allegro.
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Molti danno come per scontato che « si debba essere democratici », ma poi si scopre che non ne sono veramente convinti : non sanno a cosa veramente possa servire il « tenere conto delle opinioni degli altri », dato che spesso queste ci appaiono palesemente sbagliate. E’ diffusa la visione della democrazia come se fosse un « valore etico », una specie di « buona educazione », ma a molti sfugge l’ utilità pratica e concreta, utile per prendere meglio le decisioni anche quando i pareri in perenne « confronto » sono sbagliati (come normalmente è). Tanto più questo é vero in Italia, dove le degenerazioni della democrazia sono tali che si finisce con il confondere la democrazia con le sue degenerazioni. pertanto la democrazia non la si conosce e (all’occorrenza) non la si difende. Molti non sanno e non pensano di doverla fare progredire (infatti non é mai « perfetta »).
Ormai non c’è più nessuno che si definisca anti-democratico, ma sono presenti ed evidenti i limiti della conoscenza e della condivisione del fatto che la democrazia abbia una utilità pratica. .
Grazie al cielo e per puro caso (non certo per mio merito), vivo e sono attivo politicamente in un paese leggermente più democratico di altri o dove, almeno, non sono presenti alcuni difetti ricorrenti altrove o, per meglio dire : sono presenti in forma leggermente attenuata, pur essendone presenti altri inesistenti altrove.
Sfruttando questa situazione mi sforzo ora di spiegare, anche con esempi, in cosa consista e quale vantaggio ci sia nel « tenere conto delle bestialità che altri pensano, dicono e sostengono » e come, a partire e tenendo conto di queste « evidenti assurdità », sia possibile prendere decisioni migliori.
Infatti, come spero di riuscire ad esemplificare poi, la democrazia non è un « fine », non è lei « lo scopo » ma è uno strumento utilissimo, direi insostituibile per ottenere decisioni migliori. Intendiamoci, mai « perfette » ma spesso probabilmente migliori.
Concludo questa premessa con un episodio ed una metafora.
L’episodio : poco fa ho raccontato alla mia compagna il fatto di stare scrivendo questo testo. E le chiedo : « Come spiegheresti tu che utilità ci possa essere nello stare io ad ascoltare in Consiglio comunale le stupidaggini che pensa JeanClaude ? » (JeanClaude è un consigliere con il quale mi trovo spesso in disaccordo ). La mia compagna risponde : « Il vantaggio sta nella diversità ».
Condivido la sua riposta, e questa mi ispira una metafora.
La democrazia somiglia e riproduce i meccanismi genetici diffusissimi in natura : perché mai il figlio di consanguinei, magari due atleti o scienziati apparentemente « perfetti », risulta spesso peggiore che non l’accoppiamento di due persone diverse ?
Probabilmente accade perché le imperfezioni dell’uno sono contrastate da quelle dell’altro.La diversità è normale in natura ed è benefica.
= = =
Leonello Zaquini
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Mi dispiace che non ho preservato l’ordine delle discussioni, ma sono numerate.
Ho attivato i voti oltre ai commenti.
Io ho diviso la Guida VST in capitoli per pubblicarla a puntate sia sul sito sia su Telegram.
Il mio primo capitolo parte dalle basi, i successivi entrano nel tema tecnico elettorale con molti esempi di utilizzo.Vi anticipo il primo capitolo della versione che presenterò a breve.
Guida VST – La democrazia -
Noterete la barra di gestione delle discussioni che comprende il voto up o down.
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La democrazia è basata sulla convinzione che nella gente comune ci sono possibilità non comuni.
(Harry Emerson Fosdick, citato in The home book of quotations. Classical and modern) -
Giusto. Infatti si sa che nasciamo tutti eguali con le medesime possibilità, ma poi le cose cambiano per moltissimi fattori.
Parlando solo di democrazia tutti i testi parlano di partecipazione, formazione, conoscenza, lavoro di gruppo, inclusione, collaborazione, spirito di servizio….
Ma anche di merito, competenza, eccellenza, ecc.
Il senato romano era costituito, sulla carta, dagli ottimati anche detti boni.
Il problema è che presto le nomine sono divenute ereditarie ed il voto popolare finiva sempre per far prevalere i nobili.
All’inizio della repubblica è stata creata per avere un’ esercito forte e motivato, non di schiavi.
Alla fine i cavalieri e la borghesia si sono battuti per non essere sottomessi dai nobili.
Anche oggi la democrazia è voluta come una illusione dai potenti sempre in lotta per il potere.
Dobbiamo prima che di democrazia parlare di libertà e giustizia perché il potere politico cerca sempre di perpetuarsi attraverso la legge limitando la libertà e controllando la giustizia.
Ma non si può sostituire la legge con il caos quindi la democrazia bisogna usarla nella maniera giusta non come la hanno usata coloro che la vogliono controllare.
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Come non molti sanno, il termine democrazia proviene dal greco (krátos del démos, ossia dominio del popolo) e descrive in modo appassionante e preciso quella meravigliosa trasformazione nella gestione del potere che Atene ha regalato all’umanità intorno al 500 a.C., e che da allora è la pietra angolare sulla quale è costruita la nostra civiltà. Forse meno noto è che da allora a oggi il concetto stesso di democrazia, e quindi il sistema con cui il popolo manifesta il suo potere, si è molto trasformato. Al punto che se un ateniese del periodo classico si risvegliasse oggi in una qualunque nazione «democratica» del mondo, avrebbe grandi difficoltà a riconoscere anche soltanto delle affinità con il sistema di governo al quale era abituato.
- Questa risposta è stata modificata 6 anni, 3 mesi fa da Pasqualino Allegro.
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Il corpo sovrano della democrazia ateniese era costituito dalla cosiddetta assemblea (ecclesía), formata da tutti i cittadini con più di diciotto anni di età. Le sue decisioni, prese a maggioranza, avevano valore definitivo sulle attività legislative e di governo. In poche parole quella ateniese era una democrazia diretta, con una gestione del potere che non prevedeva alcun intermediario. Una differenza enorme rispetto ai sistemi cui siamo abituati noi, e che più correttamente prendono il nome di democrazia rappresentativa.
- Questa risposta è stata modificata 6 anni, 3 mesi fa da Pasqualino Allegro.
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Il fatto che la democrazia diretta abbia determinato il periodo forse più fecondo della storia dell’umanità viene ritenuto un dettaglio marginale dai detrattori del sistema. I sostenitori delle oligarchie (anche quelli a noi contemporanei) ritengono più interessanti ed efficaci, al contrario, argomenti che definiscono «naturali»: in sintesi, si sostiene spesso che la formazione di gerarchie – volgarizzando, la legge del più forte o della foresta – sia connaturata alla natura. A simili leggi, per quanto spiacevoli, non potremmo sottrarci. Ma, una questione di tale complessità, è ovvio, non sta esattamente in questi termini. Sgombriamo subito il campo da un errato luogo comune: in natura le gerarchie, intese come individui o gruppi che decidono per la collettività, sono rare. Le vediamo dappertutto perché guardiamo alla natura con lo sguardo degli esseri umani. Ancora una volta, i nostri occhi scorgono soltanto ciò che sembra assomigliarci, e ignorano tutto ciò che è diverso da noi.
Non solo le oligarchie sono rare, le gerarchie immaginarie e la cosiddetta legge della foresta una banale stupidaggine; quel che è più rilevante è che simili strutture non funzionano bene. Le organizzazioni ampie, distribuite e senza centri di controllo in natura sono sempre le più efficienti. I recenti progressi della biologia nello studio del comportamento dei gruppi indicano, senza ombra di dubbio, che le decisioni prese da un numero elevato di individui sono quasi sempre migliori di quelle adottate da pochi. In alcuni casi la capacità dei gruppi di risolvere problemi complessi è strabiliante. L’idea che la democrazia sia un’istituzione contro natura, dunque, resta solo una delle più seducenti menzogne inventate dall’uomo per giustificare la sua, contronaturale, sete di potere individuale.
Prendiamo le comunità animali. Esse devono di continuo produrre decisioni riguardo alla direzione da prendere, alle attività da iniziare o a come attuarle. Quali sono i loro modelli comportamentali, in questi casi? Le decisioni sono affidate all’iniziativa di uno o di pochi, secondo uno schema che in maniera illuminante è stato descritto da Larissa Conradt e T.J. Roper come «dispotico», o sono invece condivise dal maggior numero possibile di individui secondo un modello «democratico»? In passato, la maggior parte degli studiosi avrebbe risposto senza esitazioni: le decisioni nel mondo animale sono a carico esclusivo di uno o pochi membri.
Ma, nel 2003 i già citati Conradt e Roper pubblicarono uno studio sui metodi con i quali gli animali attuano scelte condivise. È un lavoro chiarificatore: i due autori ribadiscono che le decisioni di gruppo sono la norma per il mondo animale, e individuano nel meccanismo «democratico» della partecipazione il metodo di gran lunga più frequente per prenderle. A differenza della via «dispotica», infatti, esso assicura minori costi per i membri dell’intera comunità: anche quando il «despota» è l’individuo più esperto, se il gruppo è di dimensioni abbastanza grandi la prassi democratica assicura migliori risultati. In breve, la partecipazione alla produzione di decisioni è il sistema che l’evoluzione premia di più; le scelte di gruppo rispondono meglio ai bisogni della maggior parte dei membri della comunità anche rispetto a quelle di un «capo illuminato». Come scrivono Conradt e Roper, «le decisioni democratiche sono più benefiche per un gruppo poiché tendono a produrre decisioni meno estreme».
- Questa risposta è stata modificata 6 anni, 3 mesi fa da Pasqualino Allegro.
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Gli sciami di api, come la maggior parte dei gruppi animali, prendono decisioni condivise in base al numero di consensi espressi sulle diverse opzioni.
In ogni caso, siano visite di api, attivazioni dei neuroni o decisioni dell’<em class=”calibre2″>ecclesía ateniese, in tutti questi casi il vincitore della competizione è quello che ottiene il maggior numero di consensi da parte dei membri della propria comunità. D’altro canto, un crescente numero di studi sul comportamento dei gruppi, condotti in organismi viventi che spaziano dai batteri all’uomo (comprendendo ovviamente le piante), sembra convergere verso una conclusione che mi pare di grande rilevanza: esistono principi generali che reggono l’organizzazione dei gruppi così da rendere possibile l’emersione di un’intelligenza collettiva superiore a quella dei singoli individui che la compongono. Se doveste sentire ancora il banale luogo comune secondo cui in natura vige la legge del più forte, sappiate che si tratta di sciocchezze: in natura, prendere decisioni condivise è la migliore garanzia di risolvere correttamente problemi complessi.
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