Home › Forums › 1 – Cosa è la democrazia › 2 – QUANDO UNA DECISIONE E’ « BUONA » o « CATTIVA »?
- Questo topic ha 1 risposta, 2 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 6 anni, 4 mesi fa da Pasqualino Allegro.
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Ho detto che la democrazia è utile per prendere decisioni probabilmente migliori. Ma come valutare la qualità di una decisione ?
Il tema é affrontato da diversi filosofi e se ne occupa una disciplina detta « etica dei sistemi sociali ». A partire dal filosofo inglese Jeremy Bentham, poi Stuart Mill, fino al contenporaneo Singer ed altri, nell’arco di tre secoli à stata sviluppata una teoria molto efficace e convincente. La utilizziamo correntemente nel nostro Consiglio comunale. La espongo « in pillole ».
Ogni decisione ha delle conseguenze per diverse persone (questo sempre, ma soprattutto se la decisione è quella di un ente pubblico).
Queste conseguenze possono generare benessere o felicità per alcuni, malessere o sofferenza per altri.Immaginate di valutare le conseguenze di una decisione dando a loro un « punteggio » (positivo per il benessere, negativo per il malessere) e di sommare poi gli effetti della decisioni su tutte le persone che sono state coinvolte dalle conseguenze della decisione.
Si tratta di realizzare una « somma algebrica », questa rivela la bontà o meno di una decisione.Sarà migliore la decisione le cui conseguenze realizzano un valore positivo più elevato.
La decisione che realizza il massimo valore è state definita come « Bene comune », o anche « Massimo bene aggregato ».Nel decidere occorre puntare al BENE COMUNE, come definito qui sopra.
Capite bene che al momento di decidere, gli effetti futuri non sono affatto manifesti, ma sono solo eventualmente e spesso difficilmente prevedibili.
Ma, quanto meno, occorre sforzarsi di prevederli e valutarli.Fare questo significa : cercare di realizzare il bene comune.
= = =
Leonello Zaquini
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Il teorema della giuria
Esiste una sorprendente similarità fra le api impegnate a decidere quale sia il luogo più adatto per fondare un nuovo alveare e i neuroni del nostro cervello occupati a considerare le alternative di un problema. Gli sciami e i nostri cervelli sono organizzati in modo tale che, sebbene ogni unità – ape o neurone non fa differenza – abbia minime informazioni e minima intelligenza individuale, il gruppo nel suo insieme riesce a prendere decisioni corrette. In entrambi i casi, la scelta avviene con una vera e propria votazione democratica fra i membri del gruppo: il maggior numero di api che abbia visitato un sito, o il maggior numero di neuroni che abbia prodotto segnali elettrici, decreterà la decisione finale. Ciò significa, ricordiamolo, che anche le nostre opzioni personali sono frutto di un processo di scelta democratico, come accade ovunque in natura. Il fatto che, laddove ci siano dei gruppi, si sviluppino sistemi simili attesta l’esistenza di principi generali di organizzazione che rendono i gruppi più intelligenti del più intelligente dei singoli che li compongono.
Nel 1785 Marie-Jean-Antoine-Nicolas Caritat, marchese di Condorcet, autorevole economista, matematico e rivoluzionario francese, elaborò una teoria sulle probabilità che un dato gruppo di individui adotti una corretta decisione. Si tratta del cosiddetto teorema della giuria, secondo il quale con l’aumentare del numero di giurati si accrescono le probabilità che il gruppo nel suo insieme decida nella maniera più giusta. Secondo Condorcet, dunque, l’efficacia di una giuria è direttamente proporzionale al numero dei componenti, almeno se abili e competenti. In sintesi: in un gruppo alle prese con la risoluzione di un problema, le possibilità di arrivare alla soluzione migliore crescono con l’aumentare delle sue dimensioni.
Sembrerebbe solo una banale trasposizione matematica del proverbiale detto «due teste ragionano meglio di una», e invece fu l’inizio di una rivoluzione. Condorcet aveva elaborato la sua riflessione per dare un solido fondamento ai processi di decisione democratica legati alla politica; nei fatti, però, il suo teorema si dimostrò essere molto di più, costituendo la base teorica su cui si sono fondati tutti i successivi studi sull’intelligenza collettiva. Quella stessa intelligenza che nasce dall’interazione di gruppi, che abbiamo già visto all’opera in radici e insetti e che è alla base anche del funzionamento del nostro cervello.
Per intelligenza collettiva, dunque, intendiamo la capacità dei gruppi di conseguire risultati superiori a quelli ottenibili con decisioni individuali, specie nella risoluzione di problemi complessi; un principio le cui possibilità applicative sono molto promettenti.
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