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e queste sarebbero le sterili motivazioni del SI?…contenti loro…per me possiamo confermarle…anzi spero davvero rimangano queste…
Sono d’accordo con l’approccio/impostazione che da Leo
Io propenderei solo per questa:
” Il nazionalismo ha prodotto quasi 2000 anni di guerra in Europa. Dopo le ultime due guerre particolarmente catastrofiche nel secolo scorso, i popoli d’Europa hanno finalmente iniziato un processo di riflessione e unificazione. L’unità europea sta muovendo i suoi primi passi, ma ha ancora diversi limiti.”
Le mie ulteriori modifiche:
“Gentili Presidenti del Senato e della Camera,
Gentili parlamentari,Il popolo italiano, con il referendum di prossima emanazione, sarà chiamato a pronunciarsi sul tema della riduzione dei parlamentari. (mia modifica)
In queste importanti occasioni occorre che l’informazione dei cittadini sia all’altezza delle loro responsabilità ed in grado di mettere ciascuno nelle condizioni migliori sì da poter fare la scelta più intelligente per la collettività intera.
L’informazione, quindi, deve essere al tempo stesso completa, pluralista, accessibile a tutti. Non può essere “di parte”, tanto meno può essere affidata ad entità private e di carattere commerciale (come sono i media privati).
Per questo, come voi di certo saprete, nei Paesi dove gli strumenti di democrazia diretta sono presenti da più tempo, e di uso più frequente (Svizzera, California, ecc), esiste e viene gratuitamente diffuso agli elettori il “libretto delle votazioni” il quale, su ogni tema referendario, contiene:
– un’informazione generale, oggettiva e neutra sul problema.
– gli argomenti a favore.
– gli argomenti contro.I testi sono redatti in cooperazione con i comitati o gli enti promotori e oppositori.
Per il bene del popolo italiano e della sua democrazia, come cittadini e come associazione Più Democrazia Italia, vi preghiamo di fare in modo che un testo con queste caratteristiche venga redatto e reso pubblico.
Sarebbe necessaria e di efficace comunicazione pubblica un’operazione del genere.
Attendiamo disponibilità da parte Vostra, anche per contribuire a propagandarne il corretto uso da parte degli elettori.Grazie per l’attenzione.
Nicola Ragno
Portavoce della associazione Più Democrazia Italia (www.piudemocraziaitalia.org)PS – A titolo di esempio potete trovare al link un esemplare del “libretto delle votazioni” svizzero (esistente quindi anche in lingua italiana), attualmente in distribuzione in Svizzera concernente due temi in votazione nel febbraio prossimo:
- Questa risposta è stata modificata 4 anni, 11 mesi fa da Pasqualino Allegro.
Per me in linea di massima può già andar bene, al netto di una sistematina sulla forma…bravo e grazie Leo!
- Questa risposta è stata modificata 4 anni, 11 mesi fa da Pasqualino Allegro.
3- Che regole nella costituzione del comitato di iniziativa? Esiste un controllo del bilancio del comitato di iniziativa? Si assicura la trasparenza dei finanziamenti? -> Roberto la scorsa estate ormai…ha elaborato una proposta – Partecipazione Istituzionalizzata – interessante in tal senso di cui non ricordo se avessimo già discusso…
- Questa risposta è stata modificata 5 anni, 11 mesi fa da Pasqualino Allegro.
- Questa risposta è stata modificata 5 anni, 11 mesi fa da Pasqualino Allegro.
Ovvero?…
14 Gennaio 2019 alle 22:37 in risposta a: Descrizione sintetica degli strumenti di democrazia partecipativa #1300 Score: 0Fra tutti quelli elencati lo strumento più efficace mi pare sia perlopiù rappresentato dal bilancio partecipativo
1- raccolta firme, merita una semplificazione -> non mi pare male riproporre approccio ed impostazione del metodo/modello ECI
2- redazione delle leggi di iniziativa popolare:
a) redazione succinta?
b) redazione dettagliata?
c) a & b ?
come gestirle ? -> personalmente opterei sia per a) che per b) con una relazione di accompagnamento dettagliata a corredo di una redazione più succinta
<p style=”text-align: right;”>to be continued…</p>- Questa risposta è stata modificata 5 anni, 11 mesi fa da Pasqualino Allegro.
Non vedo e trovo come iscriversi sulla piattaforma…
1 Dicembre 2018 alle 8:37 in risposta a: Pregi e limiti della democrazia rappresentativa #1243 Score: 0Ma i partiti sono già essi stessi “lobby”…quindi direi che fanno e sono in affari con altre lobby…di natura diversa…ma sempre e comunque il rapporto instaurato si fonda e si sviluppa in questo rapporto di affari.
All’ebook:
Plant Revolution: Le piante hanno già inventato il nostro futuro
Ripropongo anche qui – come già fatto in altro post sempre su questo forum – quelle che sono le mie info sulla Democrazia Ateniese – presumibilmente tratte da fonti scientifiche acclarate -, eccole:
Come non molti sanno, il termine democrazia proviene dal greco (krátos del démos, ossia dominio del popolo) e descrive in modo appassionante e preciso quella meravigliosa trasformazione nella gestione del potere che Atene ha regalato all’umanità intorno al 500 a.C., e che da allora è la pietra angolare sulla quale è costruita la nostra civiltà. Forse meno noto è che da allora a oggi il concetto stesso di democrazia, e quindi il sistema con cui il popolo manifesta il suo potere, si è molto trasformato. Al punto che se un ateniese del periodo classico si risvegliasse oggi in una qualunque nazione «democratica» del mondo – molto probabilmente con eccezione della Svizzera, aggiungerei io! –, avrebbe grandi difficoltà a riconoscere anche soltanto delle affinità con il sistema di governo al quale era abituato.
Il corpo sovrano della democrazia ateniese era costituito dalla cosiddetta assemblea (ecclesía), formata da tutti i cittadini con più di diciotto anni di età. Le sue decisioni, prese a maggioranza, avevano valore definitivo sulle attività legislative e di governo. In poche parole quella ateniese era una democrazia diretta, con una gestione del potere che non prevedeva alcun intermediario. Una differenza enorme rispetto ai sistemi cui siamo abituati noi, e che più correttamente prendono il nome di democrazia rappresentativa.
Sembrerebbe che la datazione sia coincidente con quella di origine “romana”, aldilà di qualche metodologia di forma, molto più affine in termini applicativo-decisionali, e quindi strumentali, all’attuale concezione, espressione ed applicazione della Democrazia Diretta moderna.
- Questa risposta è stata modificata 6 anni, 4 mesi fa da Pasqualino Allegro.
Credo puntino ad un sistema di “coinvolgimento partecipativo”, ma non decisionale
22 Agosto 2018 alle 8:29 in risposta a: 2 – QUANDO UNA DECISIONE E’ « BUONA » o « CATTIVA »? #1067 Score: 0Il teorema della giuria
Esiste una sorprendente similarità fra le api impegnate a decidere quale sia il luogo più adatto per fondare un nuovo alveare e i neuroni del nostro cervello occupati a considerare le alternative di un problema. Gli sciami e i nostri cervelli sono organizzati in modo tale che, sebbene ogni unità – ape o neurone non fa differenza – abbia minime informazioni e minima intelligenza individuale, il gruppo nel suo insieme riesce a prendere decisioni corrette. In entrambi i casi, la scelta avviene con una vera e propria votazione democratica fra i membri del gruppo: il maggior numero di api che abbia visitato un sito, o il maggior numero di neuroni che abbia prodotto segnali elettrici, decreterà la decisione finale. Ciò significa, ricordiamolo, che anche le nostre opzioni personali sono frutto di un processo di scelta democratico, come accade ovunque in natura. Il fatto che, laddove ci siano dei gruppi, si sviluppino sistemi simili attesta l’esistenza di principi generali di organizzazione che rendono i gruppi più intelligenti del più intelligente dei singoli che li compongono.
Nel 1785 Marie-Jean-Antoine-Nicolas Caritat, marchese di Condorcet, autorevole economista, matematico e rivoluzionario francese, elaborò una teoria sulle probabilità che un dato gruppo di individui adotti una corretta decisione. Si tratta del cosiddetto teorema della giuria, secondo il quale con l’aumentare del numero di giurati si accrescono le probabilità che il gruppo nel suo insieme decida nella maniera più giusta. Secondo Condorcet, dunque, l’efficacia di una giuria è direttamente proporzionale al numero dei componenti, almeno se abili e competenti. In sintesi: in un gruppo alle prese con la risoluzione di un problema, le possibilità di arrivare alla soluzione migliore crescono con l’aumentare delle sue dimensioni.
Sembrerebbe solo una banale trasposizione matematica del proverbiale detto «due teste ragionano meglio di una», e invece fu l’inizio di una rivoluzione. Condorcet aveva elaborato la sua riflessione per dare un solido fondamento ai processi di decisione democratica legati alla politica; nei fatti, però, il suo teorema si dimostrò essere molto di più, costituendo la base teorica su cui si sono fondati tutti i successivi studi sull’intelligenza collettiva. Quella stessa intelligenza che nasce dall’interazione di gruppi, che abbiamo già visto all’opera in radici e insetti e che è alla base anche del funzionamento del nostro cervello.
Per intelligenza collettiva, dunque, intendiamo la capacità dei gruppi di conseguire risultati superiori a quelli ottenibili con decisioni individuali, specie nella risoluzione di problemi complessi; un principio le cui possibilità applicative sono molto promettenti.
- Questa risposta è stata modificata 6 anni, 4 mesi fa da Pasqualino Allegro.
- Questa risposta è stata modificata 6 anni, 4 mesi fa da Pasqualino Allegro.
- Questa risposta è stata modificata 6 anni, 2 mesi fa da Pasqualino Allegro.
Gli sciami di api, come la maggior parte dei gruppi animali, prendono decisioni condivise in base al numero di consensi espressi sulle diverse opzioni.
In ogni caso, siano visite di api, attivazioni dei neuroni o decisioni dell’<em class=”calibre2″>ecclesía ateniese, in tutti questi casi il vincitore della competizione è quello che ottiene il maggior numero di consensi da parte dei membri della propria comunità. D’altro canto, un crescente numero di studi sul comportamento dei gruppi, condotti in organismi viventi che spaziano dai batteri all’uomo (comprendendo ovviamente le piante), sembra convergere verso una conclusione che mi pare di grande rilevanza: esistono principi generali che reggono l’organizzazione dei gruppi così da rendere possibile l’emersione di un’intelligenza collettiva superiore a quella dei singoli individui che la compongono. Se doveste sentire ancora il banale luogo comune secondo cui in natura vige la legge del più forte, sappiate che si tratta di sciocchezze: in natura, prendere decisioni condivise è la migliore garanzia di risolvere correttamente problemi complessi.
Il fatto che la democrazia diretta abbia determinato il periodo forse più fecondo della storia dell’umanità viene ritenuto un dettaglio marginale dai detrattori del sistema. I sostenitori delle oligarchie (anche quelli a noi contemporanei) ritengono più interessanti ed efficaci, al contrario, argomenti che definiscono «naturali»: in sintesi, si sostiene spesso che la formazione di gerarchie – volgarizzando, la legge del più forte o della foresta – sia connaturata alla natura. A simili leggi, per quanto spiacevoli, non potremmo sottrarci. Ma, una questione di tale complessità, è ovvio, non sta esattamente in questi termini. Sgombriamo subito il campo da un errato luogo comune: in natura le gerarchie, intese come individui o gruppi che decidono per la collettività, sono rare. Le vediamo dappertutto perché guardiamo alla natura con lo sguardo degli esseri umani. Ancora una volta, i nostri occhi scorgono soltanto ciò che sembra assomigliarci, e ignorano tutto ciò che è diverso da noi.
Non solo le oligarchie sono rare, le gerarchie immaginarie e la cosiddetta legge della foresta una banale stupidaggine; quel che è più rilevante è che simili strutture non funzionano bene. Le organizzazioni ampie, distribuite e senza centri di controllo in natura sono sempre le più efficienti. I recenti progressi della biologia nello studio del comportamento dei gruppi indicano, senza ombra di dubbio, che le decisioni prese da un numero elevato di individui sono quasi sempre migliori di quelle adottate da pochi. In alcuni casi la capacità dei gruppi di risolvere problemi complessi è strabiliante. L’idea che la democrazia sia un’istituzione contro natura, dunque, resta solo una delle più seducenti menzogne inventate dall’uomo per giustificare la sua, contronaturale, sete di potere individuale.
Prendiamo le comunità animali. Esse devono di continuo produrre decisioni riguardo alla direzione da prendere, alle attività da iniziare o a come attuarle. Quali sono i loro modelli comportamentali, in questi casi? Le decisioni sono affidate all’iniziativa di uno o di pochi, secondo uno schema che in maniera illuminante è stato descritto da Larissa Conradt e T.J. Roper come «dispotico», o sono invece condivise dal maggior numero possibile di individui secondo un modello «democratico»? In passato, la maggior parte degli studiosi avrebbe risposto senza esitazioni: le decisioni nel mondo animale sono a carico esclusivo di uno o pochi membri.
Ma, nel 2003 i già citati Conradt e Roper pubblicarono uno studio sui metodi con i quali gli animali attuano scelte condivise. È un lavoro chiarificatore: i due autori ribadiscono che le decisioni di gruppo sono la norma per il mondo animale, e individuano nel meccanismo «democratico» della partecipazione il metodo di gran lunga più frequente per prenderle. A differenza della via «dispotica», infatti, esso assicura minori costi per i membri dell’intera comunità: anche quando il «despota» è l’individuo più esperto, se il gruppo è di dimensioni abbastanza grandi la prassi democratica assicura migliori risultati. In breve, la partecipazione alla produzione di decisioni è il sistema che l’evoluzione premia di più; le scelte di gruppo rispondono meglio ai bisogni della maggior parte dei membri della comunità anche rispetto a quelle di un «capo illuminato». Come scrivono Conradt e Roper, «le decisioni democratiche sono più benefiche per un gruppo poiché tendono a produrre decisioni meno estreme».
- Questa risposta è stata modificata 6 anni, 4 mesi fa da Pasqualino Allegro.
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Il corpo sovrano della democrazia ateniese era costituito dalla cosiddetta assemblea (ecclesía), formata da tutti i cittadini con più di diciotto anni di età. Le sue decisioni, prese a maggioranza, avevano valore definitivo sulle attività legislative e di governo. In poche parole quella ateniese era una democrazia diretta, con una gestione del potere che non prevedeva alcun intermediario. Una differenza enorme rispetto ai sistemi cui siamo abituati noi, e che più correttamente prendono il nome di democrazia rappresentativa.
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